di Vincenzo Elifani
Pubblicato su QUADERNI DEL MASTER IN GEOPOLITICA E SICUREZZA GLOBALE
6. Come migliorare le relazioni tra il Giappone e la Corea del Sud
Il rapporto bilaterale tra il Giappone e la Corea del Sud è notoriamente complicato. Teoricamente, analizzando le componenti politiche, economiche e sociologiche si dovrebbe convenire che tra i due Paesi vi sia una stretta amicizia in quanto sono entrambi delle democrazie consolidate, delle economie complementari, hanno degli stili di vita similari e, naturalmente, hanno un grande e potente alleato in comune. Eppure, solo pochi anni fa, questi due Paesi hanno vissuto quasi una crisi militare per una piccolissima isola contesa. Le leadership politiche di entrambi i Paesi hanno tenuto finora un rapporto gelido nei riguardi dell’altro, e si sono rivelati incapaci di impegnarsi concretamente per la cooperazione bilaterale.
Certamente, le ragioni per le quali i rapporti siano così tesi sono note e, sotto certi aspetti, comprensibili, tuttavia non giustificano il perpetuarsi di relazioni così fredde tra due importanti Paesi asiatici molto vicini tra loro, e non solo geograficamente. Infatti, nonostante ci vogliano solo due ore di aereo da Tokyo a Seul, sia in Corea che in Giappone molti sostengono che l’altro Paese sia un paese geograficamente vicino ma emotivamente distante.
Ci si chiede allora come mai il Giappone e la Corea del Sud invece di continuare nell’antagonismo reciproco non si concentrino nel seguire linee politiche ed economiche comuni nei riguardi degli altri paesi della regione? La risposta potrebbe essere facilmente trovata nell’utilità strumentale che i politici di entrambi i Paesi hanno nell’attaccare i loro vicini per far crescere il loro indice di popolarità. Tuttavia, nonostante le ragioni del dibattito di politica interna con le opposizioni possano essere comprensibili, questa sola ragione non è sufficiente per giustificare il fatto che dopo settant’anni dalla fine del conflitto mondiale i rapporti siano ancora così tesi. Sicuramente la memoria storica è una fonte di attrito e crea sfiducia reciproca nelle relazionali bilaterali. Tuttavia, dopo tanti anni dalla fine della seconda guerra mondiale si è giunti alla prima generazione di leader e funzionari giapponesi e sudcoreani che non sono nati durante il periodo coloniale giapponese e non hanno vissuto la guerra di Corea.
Il rapporto Giappone-Corea a livello bilaterale è distante e debole, ma non significa che siano incapaci di lavorare insieme ad altri livelli e in altri modi. Durante la loro breve crisi nel 2005 entrambi i paesi erano attivi nei colloqui a sei per la denuclearizzazione della Corea del Nord. Nel giugno 2012, mentre sfumava l’accordo di condivisione delle informazioni classificate relative i programmi nucleari e missilistici della Corea del Nord e di altre potenziali sfide alla sicurezza comune (GSOMIA), dopo ben undici ore di negoziati a causa delle manifestazioni di strada in Corea, entrambi i Paesi continuavano a lavorare insieme nell’ambito del “PSI – Proliferation Security Initiative”, un forum internazionale che mira a mettere al bando il traffico di armi di distruzione di massa.
I colloqui a sei e il PSI sono solo due dei tanti esempi che illustrano lo stesso schema: anche durante i momenti più difficili delle relazioni tra Giappone e Corea, i due Paesi sono sempre rimasti disponibili a dialogare e a collaborare. Gli ultimi anni non sono stati tra i migliori ma, almeno, in certi contesti il dialogo e la cooperazione non sono mai venuti a mancare.
Dal 1965 gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo fondamentale nella promozione di un rapporto normalizzato tra Tokyo e Seul. Oggi, la crescita economica e politico-militare della Cina e il riposizionamento degli interessi primari in Asia degli Stati Uniti ha aumentato l’interesse per una relazione stabile tra Corea del Sud e Giappone. Tuttavia, recentemente, alcuni atteggiamenti, come ad esempio la visita del Presidente Abe al santuario Yasukuni, hanno raffreddato le relazione tra il Giappone e la Corea spingendo quest’ultima ad aprire la porta a legami più forti con Pechino. Questo rapporto rinvigorito si manifestò in pieno quando Park Geun-hye accolse il leader cinese Xi Jinping a Seul nel mese di luglio 2014 per una visita ufficiale di Stato, mentre non rispondeva alla chiamata di Abe per un incontro tra capi di Stato. La posizione di Abe sulla storia, insieme ad altri fattori come il disincanto di Pechino con la Corea del Nord, hanno portato la Corea del Sud e la Cina ad intessere relazioni più strette.
Pertanto, il punto centrale per la stabilizzazione della regione non sono le relazioni bilaterali tra i due Paesi quanto le relazioni multilaterali. Quindi, la questione non dovrebbe essere come migliorare le relazioni tra Giappone e Corea, né tantomeno come farli cooperare di più. La domanda principale sta nel chiedersi: nei confronti degli altri Paesi della regione i rapporti di Giappone e Sud Corea sono sulla stessa lunghezza d’onda?
Quali sono i legami condivisi sulla base di una motivazione comune, come ad esempio nel caso della non proliferazione delle armi di distruzione di massa?
La storia recente ci ha insegnato che gli interessi dei due Paesi sia nella sicurezza che nella cooperazione economica e produttiva procedono nella stessa direzione. Per gli Stati Uniti, che ormai da lungo tempo desiderano convincere il Giappone e la Corea del Sud a lavorare insieme senza resistenze e diffidenze, la minaccia atomica nord coreana paradossalmente potrebbe essere utile per raggiungere l’obiettivo di far definitivamente dialogare e cooperare i suoi più stretti alleati nell’Asia nord-orientale.
L’ultimo esperimento nucleare effettuato il 6 gennaio 2016 dalla Corea del Nord ha accelerato il percorso di riavvicinamento tra i due Paesi che ora vedono necessario unire le loro forze, anche in campo militare e di intelligence contro una minaccia comune. Sia il Giappone che la Corea del Sud sono consapevoli che il successo o il fallimento dell’intercettazione di un missile nucleare dipende da una manciata di secondi e quindi non possono più permettersi che un’informazione così vitale debba transitare attraverso gli Stati Uniti prima di essere condivisa.
Il governo giapponese è intenzionato a chiedere alla Corea del Sud di riprendere rapidamente in considerazione la firma dell’accordo sullo scambio di informazioni militari (GSOMIA) e dell’accordo di scambio reciproco di forniture e servizi militari (ACSA).
A fronte di questa minaccia, i vertici sudcoreani e americani hanno immediatamente deciso di avviare colloqui ufficiali per il dispiegamento nella penisola coreana di un sistema di difesa antimissile THAAD “Terminal High Altitude Area Defense”, lo scudo spaziale che consente di intercettare missili balistici a medio e corto raggio. Questi missili non trasportano nessuna testata ma si basano solo sull’energia cinetica dell’impatto. Un progetto a cui Pechino si oppone fermamente. La Cina infatti, che è uno dei pochi Paesi ad avere ancora un dialogo con Pyongyang, ha sempre “deplorato” le provocazioni nordcoreane che hanno l’effetto di accelerare i negoziati tra Washington, Tokyo e Seul rafforzando, tra l’altro, i loro già forti legami economici e politico militari. Infatti è opportuno ricordare che in Corea del Sud sono concentrate più di ottanta basi statunitensi con funzioni e dimensioni diverse ed è previsto un ulteriore progressivo ampliamento.
La futura collaborazione tra Stati Uniti e Corea del Sud avrà come priorità, oltre alla deterrenza, anche la stabilità della penisola coreana. In tale ambito, è previsto il coinvolgimento del Giappone a sostegno di questioni riguardanti la sovranità di tratti marittimi contestati, la difesa missilistica e l’integrazione e cooperazione economica tra i due paesi asiatici.
Per quanto riguarda l’opinione pubblica coreana c’è da dire che sicuramente la minaccia nucleare nord coreana sposta in secondo piano tutte le “allergie giapponesi” di cui storicamente soffrono i coreani.